La medicina popolare ha sempre rappresentato, fin dall’antichità, un sistema di difesa della salute sia in senso preventivo che in senso terapeutico. La figura del guaritore coinvolge attraverso i suoi riti la comunità e la famiglia. In ambito rurale, le cause delle malattie sono spesso state ricercate in elementi esterni che l’ammalato tende a personificare, come nella possessione, negli invasamenti, nel malocchio, nelle fatture oppure attraverso una caduta delle sue difese personali.
Tra le terapie preventive più utilizzate rientrano i rituali con gli amuleti, i portafortuna, gli “abitini” (sacchetti magici con contenuto ibrido dato dai simboli legati alla religione, es. un frammento della stola del prete o un pezzo della corda di una campana, con chicchi di grano, di riso, erbe miracolose, coda di lucertola), che inducono forti suggestioni nel soggetto che li utilizza.
Le malattie curate dai guaritori sono assai specifiche: il fuoco di Sant’Antonio, gli orzaioli, i porri, le storte, le sciatiche, i vermi dei bambini, la erisipela ed i vari problemi agli animali.
A volte, il guaritore di campagna risulta essere anche un pranoterapeuta e sensitivo, aumentando ulteriormente la sua notorietà tra i suoi compaesani che si rivolgeranno a lui in maggior numero.
Rituali pagani di duemila anni fa si sovrappongono a quelli cristiani, tanto che i guaritori di campagna usano spesso immagini o medagliette raffiguranti Santi o ricorrono alla gestualità religiosa come il segno della croce ripetuto più volte (spesso tre, ritenuto numero magico) per la cosiddetta segnatura della parte malata. Il terapeuta, analogamente allo sciamano delle società primitive, racchiude insomma una duplice funzione: quella religiosa (di intermediazione tra il mondo reale e l’aldilà) e quella curativa.
La Chiesa ufficiale mostra da sempre scetticismo ed avversione per questo tipo di credenze, nonostante la fede religiosa sia un elemento essenziale presente nel guaritore e venga richiesta a chi riceverà una segnatura. Qualche sacerdote, comunque, figlio o parente di guaritori, nonostante le proibizioni ecclesiastiche, mostra tolleranza o a volte crede a questo genere di cose.
Racconta una donna, prescelta dalla nonna per tramandare quest’arte: “Quando fui battezzata dentro le fasce la nonna nascose quello che serve per segnare: un tralcio di vite per le storte, i fiori per gli occhi, i chicchi d’orzo e di riso per i porri, un filo nero infilato in un ago per l’orzaiolo. Tutti questi strumenti nascosti nelle fasce sono stati battezzati con me e penso che anche i miei fratelli li avessero”.
Se questo rituale non veniva svolto il bambino non poteva ricevere la virtù, che doveva risalire dal momento del battesimo ed essere completata quando “l’erede” era abbastanza grande da poter tenere a mente le formule segrete ed essere sicuri che non le svelasse a nessuno.
La “consegna” della formula rituale probabilmente ancora oggi, come nel passato, avviene la notte di Natale, considerata magica per eccellenza. Il guaritore sceglie la persona a cui svelare le parole segrete e quest’ultima deve ripeterle dentro di sé fino a memorizzarle; niente può essere pronunciato o messo per scritto.
Predestinati a questo tipo di sorte, erano anche coloro che “nascevano con la camicia”. Questa metafora che ancora oggi sta a significare “nascere fortunati”, deriva in realtà dal mancato distacco del sacco amniotico fetale (la camicia appunto) al momento della nascita. Nascere vestiti veniva ritenuto segno di particolare fortuna e soprattutto di particolare virtù, per esempio quella di guarire. Quando dunque un bambino nasceva vestito, si provvedeva immediatamente a rompere il sacco perché il piccolo potesse tirar fuori la testa e respirare, e poi prima ancora di vedere se era maschio o femmina lo si investiva del potere di segnare questa o quella malattia: il che avveniva a volte attraverso un piccolo rito che consisteva nel pronunciare certe formule e preghiere, dopo aver messo in mano al neonato un oggetto che simboleggiava la malattia che si voleva che curasse: un carbone per il fuoco di S. Antonio, un baco da seta per i vermi e così via. Parole e segno venivano poi insegnati al bambino appena era in grado di capire. Oggi naturalmente ciò non accade più per l’intervento ostetrico che separa il bambino dalla membrana amniotica aderente al suo piccolo corpo.
Il materiale usato per la magia di campagna è costituito da oggetti semplici: vegetali come i fiori, gli steli di grano, i rami, oppure il pane, il vino o la celebre goccia d’olio versata in una bacinella d’acqua contro il malocchio.
A tal proposito ci ricorda Sant’Agostino:
“Ecco a quali mali si lasciano trascinare i cristiani tiepidi, i quali, mentre vogliono ricevere la salute fisica, non temono di commettere sacrilegi così nefandi. Infatti chi ascolta questi tali consiglieri del Demonio, ripudiando Cristo sappia che così fa un patto con il Diavolo” (Sant’Agostino, “Sermo” 280 – PL46,2273)
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