Il grande storico romano Tacito (54-119), pretore, oratore e proconsole in Asia, scrisse attorno al 112 i suoi 16 libri di Annali , che narrano la storia romana dalla fine del principato di Augusto (14 d.C.) alla morte dell’imperatore Nerone (68).
Nel 64 scoppiò il grande e ben noto incendio della città di Roma, del quale il medesimo imperatore fu accusato dall’opinione pubblica.
A questo punto si inserisce il riferimento a Cristo ed ai suoi seguaci:
“Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l’impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea , focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell’incendio, quanto per odio del genere umano. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo” (Ann. XV, 44) 1
1 Sed non ope humana, non largitionibus principis aut deum placamentis decedebat infamia quin iussum incendium crederetur. Ergo abolendo rumori Nero subdidit reos et quaesitissimis poenis adfecit, quos per flagitia invisos vulgus Christianos appellabat. Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat; repressaque in praesens exitiabilis superstitio rursum erumpebat, non modo per Iudaeam, originem eius mali, sed per urbem etiam quo cuncta undique atrocia aut pudenda confluunt celebranturque. Igitur primum correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens haud proinde in crimine incendii quam odio humani generis convicti sunt. Et pereuntibus addita ludibria, ut ferarum tergis contecti laniatu canum interirent, aut crucibus adfixi aut flammandi, atque ubi defecisset dies in usum nocturni luminis urerentur. Hortos suos ei spectaculo Nero obtulerat et circense ludicrum edebat, habitu aurigae permixtus plebi vel curriculo insistens. Unde quamquam adversus sontis et novissima exempla meritos miseratio oriebatur, tamquam non utilitate publica sed in saevitiam unius absumerentur. Ed. E. Koestermann, Lipsiae 1965.
Importantissime le informazioni che è possibile estrapolare dal testo di Tacito:
1) Il fatto che a quell’epoca la comunità cristiana di Roma disponeva di un considerevole numero di membri , una ingens multitudo .
2) L’idea della Roma pagana riguardo alla nuova fede cristiana . Tacito ci fa notare che i cristiani erano invisi al popolo “ a causa delle loro nefandezze ”, e che la loro fede era una “ esiziale superstizione ”; essi sono definiti “ rei ” e “ meritevoli di pene severissime ”, accusati di “ odio del genere umano ”. Il cristianesimo era agli occhi dei pagani una superstitio nova , e i cristiani erano dei molitores rerum novarum , perché introducevano un culto e uno stile di vita assai diverso da quello tradizionale. Superstitiones erano definiti quindi tutti i culti orientali, il cui carattere a lor modo di vedere smodato ( immodicus ) non poteva che suscitare una istintiva diffidenza. Il cristianesimo in quanto “superstizione nuova”, non gode neppure della caratteristica dell’antichità, che dai Romani veniva sempre guardata con grande rispetto.
Altra colpa attribuita ai cristiani è quella riassunta dall’espressione “odio del genere umano”, per il fatto che rifiutavano di aderire alla religione dello stato e si estraniassero perciò dalla vita pubblica a qui tempi intimamente connessa alla religione. La stessa accusa era stata rivolta dagli scrittori greci ai Giudei, e il medesimo Tacito la aveva già affibbiata a loro, come fece con i Cristiani, tacciandoli di “ostile odio verso tutti gli altri” . Ma mentre gli Ebrei potevano vantare l’antichità del loro culto, i Cristiani erano visti come una malapianta spuntata dal ceppo giudaico.
Le poche parole di Tacito riferite a Gesù Cristo, mostrano che egli è ben informato a riguardo, e che la fonte a cui attinse su questo punto dovette essere ottima, una fonte di prima mano. A testimonianza di ciò bisogna annotare che l’autore non fa il benché minimo uso di espressioni classiche quali ferunt, tradunt (si dice, si racconta), utilizzate da vari scrittori per evidenziare l’incertezza delle fonti.
Egli è comunemente riconosciuto come storico tra i più scrupolosi, come ci attesta anche l’antica testimonianza di Plinio il Giovane che ne loda la diligentia .
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