Il millenarismo

Il millenarismo, che è un complesso di dottrine che traggono spunto dalle attese messianiche del giudaismo, deriva il suo nome dai «mille anni» del regno di Cristo di cui parla Apocalisse 20, 1-10, al termine dei quali (e prima del trionfo definitivo di Cristo e dei suoi Santi) dovrebbe verificarsi per un breve periodo la liberazione di Satana, precedentemente incatenato e ridotto all’impotenza. Questi mille anni, secondo i sostenitori del cosiddetto «millenarismo catastrofico» (Wessinger, 1997) – la corrente millenarista attualmente più diffusa – saranno preceduti da un periodo in cui le cose andranno di male in peggio (guerre, terremoti, sconvolgimenti politici di grossa portata, trionfo momentaneo dell’Anticristo) fino a che Gesù Cristo ritorni nella gloria per inaugurare il millennio di pace.

Fra il II e il IV secolo queste teorie furono molto discusse: alcuni interpretavano il regno millenario di Cristo come metafora spirituale, altri come annuncio di qualcosa che sarebbe avvenuto realmente nella storia. Sant’Agostino d’Ippona (354-430) diede al passo apocalittico un’interpretazione simbolica e allegorica, ma nei vari secoli molti continuarono a sostenere le dottrine millenariste. Non si deve peraltro confondere il millenarismo – o attesa di un regno glorioso che durerà esattamente mille anni e sarà caratterizzato dalla presenza visibile di Gesù Cristo – con la fissazione di date precise per la fine del presente ordine di cose e l’inizio del Millennio. Talora le due cose vanno di pari passo, come è avvenuto spesso nella storia dei Testimoni di Geova. Più spesso, il millenarismo non propone date precise, ed è in questa forma che è oggi la dottrina escatologica più diffusa nel mondo protestante «evangelico» cioè conservatore) e «fondamentalista» cioè ultra-conservatore), oltre che nel mondo pentecostale protestante, mentre è meno diffusa nel protestantesimo «liberale».

Mille e non più mille?

Con l’ormai trascorso avvento dell’anno 2000 – il «Grande Due e Triplo Zero» della letteratura di genere profetico-apocalittico contemporanea, mentre da un lato molti storici si sono impegnati giustamente a ricondurre alla verità dei fatti la «leggenda nera» relativa all’anno Mille, la quale fu pensata a tavolino dagli illuministi settecenteschi per screditare la Chiesa cattolica (non ci fu, in realtà, nessuna leggendaria paura dell’anno Mille); dall’altra si è potuto facilmente notare, soprattutto grazie ai mass media, un proliferare di credenze (su cui si potrà consultare l’articolo di Massimo Introvigne disponibile all’URL  http://members.tripod.com/~unavocegrida/Fine_mondo.htm ) e – spesso – dicerie relative all’imminente fine del mondo. La gamma, è piuttosto vasta.


Secondo indagini piuttosto recenti, pare che addirittura un terzo dei cittadini americani affermi che la fine del mondo potrebbe avvenire durante la vita dell’intervistato.
Questa percentuale costituisce la base su cui si fonda il successo di romanzi come Left Behind («Lasciati indietro», su cui si veda l’articolo Di Massimo Introvigne all’URL   http://www.cesnur.org/recens/assassini.htm ), giunti attualmente al decimo volume della serie – l’ultimo romanzo pubblicato è: Tim LaHAYE, Jerry B. JENKINS, Desecration. Antichrist Takes the Throne, Wheaton (Illinois), Tyndale House Publishers, Inc., 2001 – di cui esiste pure una serie per bambini, «Left Behind the Kids» – nella quale l’ultimo volume pubblicato è: Tim LaHAYE, Jerry B. JENKINS, Left Behind The Kids 18. Darkening Skies. With Chris Fabry, Wheaton (Illinois), Tyndale House Publishers, Inc., 2001 – e una a fumetti (di quest’ultima sono usciti, per ora, i primi due volumi ma sono già in stampa i volumi dal numero 3 al numero 5). Peraltro, notiamo per inciso che oggi i romanzi di Left Behind sono fatti oggetto di critica negli ambienti protestanti «evangelicals» che abbracciano una teologia diversa rispetto a quella su cui si fonda la serie; tali ambienti hanno infatti recentemente prodotto un volume critico nei confronti di Left Behind.
In essi, secondo una teologia di stampo evangelico-fondamentalista, si racconta con dovizia di particolari e prendendo il libro dell’Apocalisse di San Giovanni come canovaccio, come dovrà avvenire la fine del mondo. Inoltre – le idee che ispirano lo stesso Osama bin Laden si rifanno ad una impostazione di carattere millenarista-rivoluzionaria. http://www.ratzinger.it/forums/viewtopic.php?topic=246&forum=8&0

Anche in Italia non sono mai mancati – e tuttora non mancano, piuttosto hanno avuto un incremento dopo i tragici fatti verificatisi negli Stati Uniti l’11 settembre 2001 – accenni alla fine del mondo che si fanno sentire, trovando spesso vasta eco presso i mass media – in ambienti legati a veggenti e rivelazioni oppure alle controverse interpretazioni delle Centuries et prophéties di Nostradamus (1503-1566; su cui: http://members.tripod.com/~unavocegrida/Nostradamus.htm ). Per sua natura, questo testo si presta al gioco che Umberto Eco ha chiamato della «interpretazione infinita», dove l’interpretazione è molto più importante di qualunque realtà originaria. Ognuno di fatto lo interpreta come vuole, e questo torna particolarmente di moda a ogni fine di anno o in concomitanza con ogni svolta epocale, quando il calendario rende più forti le angosce per il futuro.

Non mancano però neppure in ambito cattolico persone influenzate dalle idee millenariste: un’indagine condotta dal CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni; http://www.cesnur.org)/  ha rivelato che il 10% dei cattolici italiani praticanti è convinto che la fine del mondo arriverà prima della loro morte, mentre il 15% crede che certe profezie millenariste pubblicate sulle riviste scandalistiche abbiano un qualche fondamento.

A che ora è la fine del mondo?

Come deve leggere e valutare questa realtà un cattolico fedele all’insegnamento dottrinale della Chiesa?
Il cantante Ligabue in una canzone del 1994 si chiedeva «A che ora è la fine del mondo?», e proseguiva: «Fine del mondo in mondovisione. Diretta da San Pietro per l’occasione». In realtà, tanto più con l’anno Duemila ormai trascorso, pare proprio che il cantante abbia sbagliato indirizzo: a San Pietro e dintorni – fuori metafora nella Chiesa cattolica – nessuno ha aspettato o aspetta la fine del mondo imminente. La Chiesa, in ascolto della rivelazione di Gesù Cristo attende certamente la fine del mondo, cioè il momento in cui Cristo «verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti» nella Parusìa, ma fa sue le parole di Gesù: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta» (Atti 1,7). Questa frase di Gesù è stata ben interpretata da Sant’Agostino nella sua opera De Civitate Dei: «Si è soliti domandare quando avverrà ciò? E’ una domanda importuna sotto ogni aspetto. Se infatti il saperlo fosse stato per noi un bene, chi meglio dello stesso Dio, nostro Maestro, l’avrebbe detto ai suoi discepoli? […] Inutilmente, perciò, ci affanniamo a calcolare e determinare gli anni che restano al mondo».

Dunque, seppure la fede nel Cristo venturo è affermata da un limpido manifesto, il Simbolo niceno-costantinopolitano (325), la Chiesa cattolica è a-millenarista: la parabola delle vergini sagge ricorda che «nessuno conosce né il giorno né l’ora» (Matteo 25,1-13) e, in questa ottica, il cristiano è chiamato a vivere da subito nella storia presente, senza dover aspettare millenni di pace. Scrive a tal proposito il biblista Bruno Maggioni: «L’attesa del Signore – cioè il modo cristiano di vivere nel tempo presente – deve coniugare insieme prontezza e costanza. Prontezza perché il Signore può giungere in ogni momento (“Non sapete né il tempo né l’ora”), costanza perché il Signore può tardare a lungo» (Le parabole evangeliche, Vita e Pensiero, Milano 1992).

In questo contesto assumono un enorme valore le parole pronunciate dal Papa Giovanni Paolo II all’Angelus di domenica 6 settembre 1998, quando ha ricordato che un mistero d’amore avvolge l’uomo e il creato; per cui non servono oroscopi e previsione magiche, ma piuttosto la preghiera. Ancora il Papa, in un’omelia nel febbraio 1997, soffermandosi sul passo biblico relativo al diluvio universale e all’alleanza stabilita con Noè (Genesi 6,5 – 9,17) ha affermato: «Nel corso delle epoche della storia gli uomini hanno continuato a commettere peccati, forse persino maggiori di quelli descritti prima del diluvio: Tuttavia dalle parole dell’alleanza stretta da Dio con Noè si comprende che ormai nessun peccato potrà portare Dio ad annientare il mondo da Lui stesso creato» (Omelia della prima domenica di Quaresima, 16.2.1997).

Il Magistero cattolico diffida del millenarismo, ma – di fatto – si limita a condanne piuttosto scarne. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 675 afferma: «Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il “mistero di iniquità” sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne» e prosegue al n. 676: «Questa impostura anti-cristica si delinea già nel mondo ogniqualvolta si pretende di realizzare nella storia la speranza messianica che non può essere portata a compimento se non al di là di essa, attraverso il giudizio escatologico; anche sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato questa falsificazione del regno futuro sotto il nome di millenarismo, soprattutto sotto la forma politica di un messianismo secolarizzato “intrinsecamente perverso”». L’ultima frase di condanna ha evidentemente di mira il millenarismo nella sua versione secolarizzata marxista: infatti «intrinsecamente perverso» è il comunismo secondo l’enciclica Divini Redemptoris di Pio XI, che viene richiamata in nota, mentre il n. 676 rimanda al successivo n. 2425 dove si condannano il «comunismo» e il «socialismo», per i quali pare a questo punto davvero appropriato parlare di forme di «uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne».

Il Catechismo definisce «falsificazione» anche la «forma mitigata» del millenarismo e una nota rimanda a un Decreto di cui sarà utile tracciare una breve storia. Il sacerdote Manuel de Lacunza y Diaz scrive intorno al 1810, con lo pseudonimo di Juan Josafat Ben-Ezra, l’opera Venida del Mesías en gloria y majestad, che il 6 settembre 1824 è proibita dal Sant’Uffizio. In essa si sostiene un millenarismo di tipo moderato. Questa dottrina si ripresenta di nuovo nel ventesimo secolo e il Sant’Uffizio l’11 luglio 1941 in una lettera all’arcivescovo di Santiago del Cile, José M. Caro Rodríguez, risponde con la decisione che corrisponde al Decreto (datato 19 luglio 1944) che riportiamo di seguito per esteso (Denz. 3839): «Domanda: Cosa si deve pensare riguardo al sistema del Millenarismo mitigato, che insegna cioè che Cristo Signore, prima del giudizio finale, sia che preceda sia che non preceda la risurrezione della maggior pare dei giusti, verrà in modo visibile, per regnare su questa terra? Risposta (confermata dal papa il 20 luglio): Il sistema del Millenarismo mitigato non può essere insegnato senza pericolo».

Di fatto, è lecito chiedersi se l’espressione del Decreto «Il sistema del Millenarismo mitigato non può essere insegnato senza pericolo» corrisponda o meno a una condanna assoluta e se non ci siano altri modi di intendere la venuta «visibile» e «intermedia» di Gesù Cristo. Quanto alla prima questione, il Catechismo pare optare in maniera piuttosto evidente per l’ipotesi più severa, dal momento che afferma testualmente: «la Chiesa ha rigettato questa falsificazione».
Relativamente al secondo problema, si nota in questi anni un rinnovato interesse per il millenarismo sia in ambienti cattolici carismatici – influenzati in tal senso dal millenarismo dell’ambiente pentecostale protestante – sia in quelli più attenti alle rivelazioni private.

 Nel 1994, monsignor Emmanuel Milingo – http://www.ratzinger.it/forums/viewtopic.php?topic=127&forum=8&0 – compare come autore della presentazione del volume Viene Gesù! La venuta intermedia del Signore del francescano Martino M. Penasa (Edizioni Segno, Udine 1994). Penasa sostiene che il Decreto del 1944 riguarda principalmente il sistema di Lacunza, ma lascia aperta la possibilità di introdurre una diversa dottrina, affermando che Gesù Cristo appare visibilmente sulla terra – o, meglio: «si arresta nell’atmosfera» –, ma non vi resta mille anni. Piuttosto, «all’ora giusta, con il suo corteo ritorna in Cielo e sulla terra rimane il suo Regno spirituale, in condizioni differenti da prima», in quanto «ora ha vinto il mondo» (p. 177).
Nonostante l’opinione di Penasa, in linea generale, la manualistica teologica cattolica diffida in genere dalle «venute intermedie» e insiste piuttosto sul fatto che «la Scrittura e i Simboli della fede no riconoscono che due venute di Cristo; la prima, umile, per la salvezza umana, la seconda gloriosa per il giudizio […]. Certamente se al ritorno di Cristo seguirà subito il giudizio e l’entrata dei beati nel regno di Dio, non c’è più posto per l’instaurazione del regno terreno» (MONSIGNOR ANTONIO PIOLANTI, La Comunione dei santi e la Vita Eterna, 2ª ed. riveduta e aggiornata, Pontificia Accademia Teologica Romana – Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, p. 624).

di Andrea Menegotto

Desideri approfondire questi argomenti? CLICCA QUI