L’analisi della società contemporanea mostra che l’uomo, quotidianamente sottoposto al ritmo frenetico di una civiltà tecnologicamente avanzata, vuole riscoprire il vero raccoglimento interiore e il profondo contatto con il mistero divino. All’interno dei nuovi movimenti religiosi, ma anche in ambienti ecclesiali, sono oggi in uso metodi di meditazione orientale non cristiana, come lo zen, lo yoga o la meditazione trascendentale.
1. Autentica natura della preghiera cristiana
La Congregazione per la Dottrina della Fede, nella lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su Alcuni aspetti della meditazione cristiana(1989), esprime gli orientamenti dottrinali e pastorali che devono illuminare un cammino di fede e di preghiera autenticamente ancorato alla Verità rivelatasi in Gesù. E’ quindi necessario riferirsi a tale documento che, prima ancora di segnalare la non coerenza di alcuni atteggiamenti rispetto alla tradizione della Chiesa, delinea in maniera significativa la vera natura della preghiera cristiana. Essa è sempre determinata dalla struttura della fede ed è intesa come un dialogo intimo tra l’uomo e Dio che porta il primo in un atteggiamento costante di conversione. La preghiera cristiana è allo stesso tempo personale e comunitaria, perché esprime la comunione del popolo redento (la Chiesa) con Dio. La Bibbia insegna a pregare: già l’Antico Testamento contiene i Cantici ed i Salmi, meravigliosi poemi di lode al Dio Creatore e Liberatore; il Nuovo Testamento presenta la definitiva rivelazione di Dio in Cristo, attraverso di Lui Dio “parla agliuomini come amici (1). Lo Spirito Santo rende l’uomo capace di accogliere le parole e le opere di Dio, ringraziandoLo e lodandoLo nell’intimità del proprio cuore e nell’assemblea dei fedeli. Gesù stesso insegna a pregare consegnando il Padre Nostro ai discepoli e quindi alla Chiesa (Mt 6,9-13). Il cristiano, dunque, anche quando prega nel segreto non è mai solo; prega in unione col Cristo, nello Spirito Santo, insieme con tutti i Santi. Ogni preghiera contemplativa cristiana rinvia continuamente all’amore del prossimo (1Gv 4,19: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo”) e non pretende, al contrario di altre forme di meditazione, di eliminare la distanza fra creatura e Creatore. Infatti le esperienze dei mistici consistono sostanzialmente nella rivelazione all’uomo dell’assoluta alterità e trascendenza di un Dio che però accetta di farsi uomo per salvarci.
Già nei primi secoli di vita della Chiesa si insinuarono modi erronei di pregare, se ne possono rilevare due fondamentali:
1. La “pseudognosi” (o gnosticismo) che considera la materia (e quindi il corpo) come qualcosa di impuro, la preghiera avrebbe dovuto innalzare l’anima ad una conoscenza superiore e quindi alla purezza. I Padri della Chiesa rispondono a questa deviazione affermando che la materia è creata da Dio e quindi non è cattiva.
2. Il “messalianismo” dei falsi carismatici del IV secolo che riducono la grazia dello Spirito Santo nell’anima ad una esperienza psicologica. Contro di essi i Padri insistono sul fatto che l’unione dell’anima con Dio si realizza nel mistero, soprattutto attraverso i Sacramenti. Inoltre ribadiscono il valore della sofferenza come associazione alla Passione di Cristo, mentre i messaliani la considerano segno certo dell’assenza di Dio dall’anima.
Oggi gli errori fondamentali di queste dottrine, si possono ritrovare in alcune tecniche di meditazione che sono presentate come rapidi procedimenti per arrivare a Dio superando la distanza fra creatura e Creatore, considerando la vita di Cristo sulla terra come realtà superata o riducendo l’opera della grazia ad un puro livello psicologico. L’elemento qualificante di queste forme di meditazione è il decisivo superamento della dimensione umana e terrena, che è invece fondamentale per la rivelazione cristiana (il Figlio di Dio si è fatto uomo!). E’ quindi frequente il richiamo a concetti buddhisti come il “nirvana”, uno stato di quiete consistente nell’eliminazione di ogni realtà concreta in quanto transitoria e dolorosa. In tal modo, volendo fondere la meditazione cristiana con le tecniche orientali, si presenta il rischio di cadere in almeno due errori notevoli:
a. non ammettere che le cose del mondo possono essere una traccia che rimanda all’infinità di Dio
b. sincretismo religioso, che è una delle istanze fondamentali del New Age.
La Chiesa Cattolica non rigetta nulla di quanto vi è di vero e santo nelle altre religioni (2), quindi non disprezza le forme di meditazione non-cristiana; in esse, anzi, può cogliere ciò che è realmente utile, ma a condizione di non perdere mai di vista la concezione cristiana della preghiera. La spiritualità cristiana di tutti i tempi (San Gregorio Magno, S. Agostino, San Bernardo, San Bonaventura, Santa Teresa d’Avila, San Giovanni della Croce, Sant’Ignazio di Loyola…) considera il cammino spirituale come avente tre momenti:
a. via purgativa, consiste nell’eliminazione del peccato e delle passioni;
b. viailluminativa, consiste nell’acquisto delle virtù e nella maggiore comprensione dei misteri di Dio;
c. via unitiva, è la tappa finale rappresentata dalla unione con Dio.
La prima tappa (purgativa) implica una rinuncia ai propri vizi, al peccato e all’egoismo, l’uomo deve rientrare in se stesso e trovare Dio, rinunciando alle proprie passioni e a tutto ciò che non gli permette di elevarsi ad una vita spirituale. Anche le forme di meditazione non-cristiana, attraverso delle tecniche, propongono uno “svuotamento” dell’uomo dalle passioni e un rientrare in se stessi per raggiungere Dio ed un certo benessere fisico e psicologico. Ma a questo proposito leggiamo al n. 19 del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede:
“… Restare in se stessi: ecco il vero pericolo… Dio infatti è in noi e con noi, ma ci trascende nel suo mistero”; (3)
al n. 20
“mentre ci eleva, Dio è libero di svuotarci di tutto ciò che ci trattiene in questo mondo, di attirarci completamente nella vita trinitaria del suo amore eterno. Tuttavia, questo dono può essere concesso solo in Cristo attraverso lo Spirito Santo e non attraverso le proprie forze, astraendo dalla sua rivelazione”. (4)
e infine troviamo al n. 23 le seguenti parole:
“La mistica cristiana autentica non ha niente a che vedere con la tecnica: è sempre un dono di Dio, di cui chi ne beneficia si sente indegno” (5).
2. Posizione e atteggiamento del corpo
Per ciò che riguarda la posizione e l’atteggiamento del corpo, sono stati soprattutto i maestri spirituali dell’oriente cristiano a sottolinearne una certa importanza nella preghiera. L’esercizio della “preghiera di Gesù”, ad esempio, che consiste nel ripetere il nome di Cristo o un’invocazione seguendo il ritmo naturale del respiro, può essere di aiuto per molti. Oggi, in vari ambienti (fra cui il RnS) i cristiani stanno sviluppando la consapevolezza che la persona deve pregare nella sua globalità e quindi anche il corpo ha una funzione importante nella preghiera. In questo ambito, comunque, ogni eccesso è rischioso: infatti per alcuni il simbolismo del corpo “può diventare un idolo e, di conseguenza, un impedimento all’elevazione dello spirito” (6). Inoltre, alcune tecniche fisiche producono sentimenti gratificanti, probabili visioni di luce o senso di calore, questi fenomeni possono essere confusi con un benessere spirituale o con un’esperienza mistica. Nella tradizione cristiana, invece, tale esperienza è caratterizzata da passività ed è infusa come dono gratuito di Dio nell’anima, pertanto non è ottenibile con tecniche. L’uso eccessivo di tali metodi può dar luogo anche a disturbi psichici e deviazioni della moralità della persona, questo fenomeno non è infrequente fra gli adepti di alcuni movimenti religiosi e magici.
Le pratiche di meditazione non-cristiana, se utilizzate con vigilanza, possono costituire un aiuto per la preghiera del cristiano, tuttavia questi è invitato ad una prospettiva più grande: la “preghiera continua”. A tale proposito San Paolo afferma:
“Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1Cor 10,31).
Il Santo Padre in un’omelia del I novembre 1982 dà un valido criterio di discernimento sulle varie forme di meditazione
“ogni metodo di orazione è valido in quanto si ispira a Cristo e conduce a Cristo, la Via, la Verità e la Vita” (7).
Infine, leggiamo al n. 2715 del Catechismo della Chiesa Cattolica:
“La contemplazione è sguardo di fede fissato su Gesù. ‘Io lo guardo ed egli mi guarda’ diceva al suo santo curato il contadino d’Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. Questa attenzione a lui è rinuncia all’ ‘io’. Il suo sguardo purifica il cuore. La luce dello sguardo di Gesù illumina gli occhi del nostro cuore; ci insegna a vedere tutto nella luce della sua verità e della sua compassione per tutti gli uomini. La contemplazione porta il suo sguardo anche sui misteri della vita di Cristo. In questo modo conduce alla ‘conoscenza interiore del Signore’ per amarlo e seguirlo di più”.
Questa affermazione ci ricorda che l’autentica preghiera cristiana sfugge dagli orpelli e dalle eccessive complicazioni delle tecniche ed è invece una realtà semplice che sgorga da un cuore libero, fecondato dallo Spirito, aperto all’amore di Dio e al prossimo e radicato nella verità di Gesù che ha rivelato ai “piccoli” i misteri del Regno di Dio (cfr. Mt 2,25).
di Andrea Menegotto
NOTE:
(1) CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Dei Verbum. Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione del 18 novembre 1965, n. 2.
(2) Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Nostra Aetate. Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane del 28 ottobre 1965, n. 2.
(3) CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, DOC. cit., n. 19.
(4) Ibid., n. 20.
(5) Ibid., n. 23.
(6)Ibid., n. 27.
(7) GIOVANNI PAOLO II, Homilia Abulae in honorem Sanctae Teresiae, in AAS 75 (1983), pp. 256-259
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