L’ordine gerarchico della vita prova l’esistenza di uno spirito trascendente il mondo.

tratto da

A A. V V., Perché credo? base razionale e apologia della fede in trentanove tesi , Paoline, Roma, 1965.

Del prof. Dr. Josef De Vries, S.J.

Il problema dell’esistenza di Dio è fondamentale per la nostra concezione del mondo e la nostra visione della vita. Qui e nelle tesi successive risponderemo alla domanda: vi sono fatti che ci dimostrino con certezza l’esistenza di Dio? Tali vie verso la conoscenza dell’esistenza di Dio ci aiuteranno contemporaneamente a chiarire la nozione di Dio.

Di fatto vi sono varie vie per provare l’esistenza di Dio. Un punto comune a tutte è il fatto di partire dalla realtà sperimentale e di concludere con un sillogismo a questo risultato: il mondo che sperimentiamo è possibile solo se esiste Dio. Si distinguono per l’aspetto particolare della realtà di questo mondo che prendono come punto di partenza, nonché per l’uso del principio di ragion sufficiente. Senza questo principio non si approda a nulla, perché il processo mentale è sempre il seguente: una determinata realtà della cui esistenza non si può dubitare, non ha in se stessa la ragione della propria esistenza; non potendosi però dare una esistenza senza un fondamento, il fondamento di questa esistenza dev’essere un al­tro. Occorre avere presente questa struttura di tutte le prove di Dio se non vogliamo confonderci nei loro ragionamenti non sempre facili.

Un primo punto di partenza è l’ordine del mondo, specialmente l’ordine della vita .

I seguaci del materialismo affermano che la materia esiste ab aeterno e che solo da essa e dalle sue forze si è sviluppata la vita nel mondo sino alla coscienza umana. Questo sarebbe — dicono — irrefutabilmente provato dai risultati scientifici. E quindi la fede in Dio sarebbe definitivamente liquidata come non scientifica.

Che cosa si può rispondere a questa affermazione? Lasciamo da parte la questione dell’eternità della materia e poniamo un quesito decisivo: si può spiegare, in base alle cieche forze della materia, l’origine degli esseri viventi con la loro mirabile struttura e le loro svariate attività vitali? O se ne deve presupporre un autore spirituale? E questo autore spirituale è necessariamente un essere trascendente, è Dio?

Opinioni contrastanti.

Come si è già detto, il materialismo cerca di spiegare qualsiasi sfumatura di ordine che si riscontri nella natura senza ricorrere a un autore spirituale e quindi senza ammettere un piano cosciente e intelligente. Gli eventi naturali sarebbero solo apparentemente ordinati, ma in realtà sarebbero l’effetto di cieche forze della natura e del loro casuale intreccio.

Il neodarwinismo spiega l’origine e l’evoluzione superiore degli esseri viventi mediante la cosid­ detta selezione naturale: tutti i viventi discendono dagli stessi organismi dei genitori, però alcuni per l’occasionale modificazione della loro struttura embrionale (« mutazione »), o per l’occasionale mutamento delle condizioni di vita, si sono trovati in posizione vantaggiosa rispetto 1 ad altri. Essi sopravvivono più facilmente nella dura lotta per l’esistenza e poiché questa selezione dell’individuo più dotato si rin­nova continuamente, si perviene a un’evoluzione verso il meglio senza che le forze siano dirette espressamente a questo scopo.

Simile spiegazione è stata accettata anche dal noto filosofo Nicola Hartmann, che pure non è materia­lista. Nel suo libro Teleologisches Denken 1 egli spiega così l’origine della finalità dalla mancanza di fina­lità: secondo le leggi della statistica, tra tutte le combinazioni che sorgono casualmente, ve ne devono es­ sere anche alcune dirette a un fine. Ma queste, una volta sorte, continuano a esistere, mentre le altre svaniscono. Infatti « il finalismo di un essere in se stesso (per esempio delle sue parti tra di loro) significa ap­punto che esso ha consistenza, equilibrio, stabilità ». Quel che casualmente ha raggiunto tale finalismo si conserva e, nel corso dei millenni, si accresce conti­ nuamente; è quindi comprensibile che nel mondo fi­ nisca con l’acquistare un posto considerevole.

Il materialismo dialettico si propone di spiegare l’evoluzione naturale col « moto dialettico ». Dappertutto nella natura vi è un contrasto o « contraddizione ». La lotta fra questi opposti determina il progresso. L’evoluzione è soltanto l’accrescimento seco­ lare e millenario della medesima « qualità » fino a un vertice naturale. Una volta raggiunto, per il « salto dialettico » si ha il subitaneo passaggio a una qualità superiore.

Altri dicono che l’ordine e il finalismo nella natura non si possono spiegare senza una ragione ordi natrice, ma cercano questa ragione nel mondo stesso, o nei singoli viventi, o in un’« anima superindividua le », a guisa di una specie di anima del mondo. Questi tentativi di spiegare l’ordine naturale mediante una ragione immanente oggi godono poco credito.

Altri rinunziano a qualsiasi spiegazione.

1 Berlin, 1951, p. 95.

Così Kant, pur essendo pieno di ammirazione per l’ordi­ne e l’armonia del mondo, nega, per motivi teoretici e gnoseologici, che si possa provare l’esistenza di Dio dall’ordine del mondo.

La filosofia cristiana, invece, sin dai suoi inizi, con gli Apologeti del secondo e del terzo secolo, ha sempre sostenuto che dall’ordine del mondo si deve risalire a Dio come suo autore spirituale. Gli Apolo­ geti a loro volta si riannodavano a concezioni che si trovano già nella filosofia greca. Tommaso d’Aquino porta questa prova come « quinta via » nelle sue di­ mostrazioni. In tempi più recenti G. Siegmund, nel suo libro Naturordnung als Quelle der Gotteserkennt nis 2 ha rielaborato in forma moderna l’argomento.

Concetti. Di fatto oggi possiamo porre questa prova come persuasiva solo se fondiamo accuratamente i suoi singoli punti, avendo continuo riguardo alle tesi contrarie. É quindi indispensabile una chiara comprensione e distinzione dei concetti usati.

Occorre anzitutto chiarire il punto di partenza. La prova è abitualmente indicata come « argomento teleologico », cioè si fonda sulla dottrina (in greco logos) del fine (t elos), della finalità della natura. Ta­ le finalità non si può avvertire immediatamente, ma ha bisogno essa stessa di prova. Tale prova deve provenire dall’ordine che riscontriamo nell’esperienza. Per « ordine » intendiamo in genere l’unione di più membri sotto un punto di vista unitario, come per esempio l’elenco degli abitanti di un luogo secondo l’ordine alfabetico. Nel nostro caso si tratta della coo­ perazione di molte parti a un risultato comune che, dal tipo di operazione, è riconoscibile come fine comune; simile ordine è definito come ordine finalistico.

2 1950, 2 ed.

Fine è quindi ciò in vista del quale qualcosa è o avviene. In tal senso « fine » presuppone uno spiri­ to che lo proponga come tale. Solo un essere spirituale può tendere a un tal fine”, e le azioni che vi conducono devono essere scelte come « mezzi » per raggiungerlo. Ma in natura non possiamo percepire direttamente questo spirito ordinatore. Che l’ordine percepibile sia realmente fondato da uno spirito ordinatore si può ammettere solo mediatamente, cioè con una dimostrazione che deve partire da determinati segni percepibili. Quali sono questi segni? Consideriamo il modo di agire finalistico e regolato secondo un pia­ no ben definito, che l’uomo mette in opera nelle sue attività creative. Anche se vediamo per la prima volta una macchina per scrivere, comprendiamo subito che è stata costruita deliberatamente allo scopo di scrivere. Da questo fatto concluderemo anzitutto che qui è stata messa insieme una quantità di pezzi singoli per raggiungere un bene per l’uomo, cioè un mezzo per scrivere e, in secondo luogo, che tale scopo è stato perseguito non per un solo istante ma in modo permanente; se infatti ribattendo una seconda volta il tasto A o qualche altro tasto, ne risultasse una lettera del tutto diversa da quella che ci aspettavano, allora dovremmo ascrivere al caso se la prima volta siamo riusciti a comporre la parola giusta. A questi segni se ne aggiunge un terzo: un risultato per noi valido e rinnovabile può ottenersi solo se le singole parti della macchina sono costruite e connesse in un modo che non dipende affatto dalla qualità della sua materia. — Dovunque troviamo questi segni siamo senz’altro propensi ad ammettere un ordine rivolto a un fine. Ora, non si può naturalmente pensare che queste riflessioni costituiscano già una sicura prova, che potrebbe essere espressa nel seguente schema: nelle creazioni della tecnica troviamo i segni sopra descritti, i quali, come sappiamo dall’esperienza, sono frutto di una attività umana finalistica. Di conseguenza se anche la natura presenta gli stessi caratteri, vuol dire che anch’essa è la creazione di un artefice che opera finalisticamente. Una simile conclusione sarebbe solo una conclusione analogica (« effetti simili hanno cause simili »), che non supe­ ra una certa verosimiglianza. Per raggiungere la certezza, occorre dimostrare che i segni di un certo ordine possono essere frutto solo di un’attività finali­ stica e intelligente.

Questa prova deve contemporaneamente escludere altri tentativi di spiegazione, soprattutto quella che si richiama al caso. Per caso intendiamo la con­ comitanza di parecchie cause, che, non sono predisposte né dalla natura né da uno spirito ordinatore; anche l’effetto che ne deriva è chiamato caso. Parliamo quindi di uno scontro casuale, di un incontro fortuito e simili.

Ma la semplice esclusione del caso non dimostra ancora la presenza di una causa finalisticamente operante. La causa potrebbe anzi essere la cieca « natura » operante con le sue « leggi ». Quando conside­riamo una « legge naturale » come causa di un even­ to, intendiamo naturalmente non la formula della legge, bensì le forze naturali necessariamente e non intenzionalmente operanti.

Prova. 1. Partiamo dai fatti del regno della vita che presentano un ordine finalistico. Tali fatti sono la struttura dei singoli organi e dell’intero essere vivente, la cooperazione di tutti gli organi per il bene dell’essere vivente, la sua evoluzione da un primo nucleo vitale sino al pieno sviluppo adulto, la guarigione delle ferite, la generazione di nuove vite, la col laborazione di esseri viventi di specie diversa a beneficio di una specie o di entrambe (« finalismo etero nomo ») 3 . Spesso tali processi, come per esempio la crescita, si attuano senza che se ne abbia alcuna coscienza, mentre in altri casi sono opera dell’istinto, come la costruzione del nido da parte degli uccelli. In ogni caso però si hanno molte parti singole, coordinate al bene di tutto il vivente, innumerevoli attività singole rivolte a un fine, e ciò non soltanto occasionalmente ma regolarmente. In questo processo il risultato ultimo, cioè il bene di tutto l’essere vivente, dipende spesso da una infinità di particolari, che non sono necessariamente frutto e conseguenza della natura dei singoli elementi presi in sé; così, per esem­ pio, la meravigliosa struttura dell’occhio che non dipende necessariamente dalla particolare qualità della materia ad esso assegnata. I segni percepibili in base ai quali, nelle opere della tecnica, concludiamo a un artefice intelligente, esistono in natura a migliaia e a milioni.

Spieghiamolo meglio con un esempio. Abbiamo ricordato la struttura dell’occhio. Essa consta di nu­ merose parti assai diverse: una retina sensibile alla luce, un cristallino, un corpo vitreo, che ponga la necessaria distanza fra cristallino e retina; nella retina di un occhio sono legati insieme milioni di elementi pigmentati e nervosi di grandezza dell’ordine dei mil­ lesimi di millimetri; il cristallino deve avere una for­ ma speciale che rappresenta l’unica fra innumerevoli possibilità; negli animali superiori milioni di cellule devono avere una posizione reciproca ben definita per produrre la giusta curvatura del cristallino.

3 Cfr. esempi in A. Haas in Weltall-Wellbild-Weltanschauung, Wurzburg , 1958, p. 103-113, 122-126.

Tutto ciò non si ricava necessariamente da qualità fisiche o chimiche degli atomi o delle molecole che compon­ gono l’occhio.

2.      Questi complessi meccanismi, altamente finalistici, una volta formati, continuano a operare allo stesso modo. Dobbiamo quindi domandarci come so­ no sorte, qual è la loro causa.

3.      La causa non può essere il caso. Un evento occasionale dipende dalla concorrenza accidentale e senza regola di diverse cause. Nessun uomo ragionevole ammette che da questa coincidenza emerga regolarmente un’unica e sempre identica possibilità su un numero quasi infinito di possibilità diverse. Nessuno, per esempio, crederà più al caso se in una lotteria esce dieci, cento volte di seguito lo stesso numero.

Il rapporto numerico fra casi possibili e favore­voli è poi, negli ordini naturali qui considerati, ancora incomparabilmente più basso. Il Bleuler ha calcolato che contro l’eventualità dell’origine casuale di un occhio ben funzionante stanno qualcosa come 10 45 possibilità di forme inadatte o difettose . E in questo calcolo non prende in considerazione l’esatta inserzione dell’occhio nella totalità dell’essere vivente . Invece la realtà non presenta solo un qualche occhio funzionale, ma lo ripresenta milioni e miliardi di volte. Che per una determinata aggregazione di atomi sia sorta una volta una macchina per scrivere, sareb­be senza dubbio incomparabilmente meno inverosimile del casuale sorgere di questi organi.

4 Cfr. E. Bleuler, Die Psychoide ah Prinzip der organischen Entwicklting, Berlino, 1925, p. 12 ss.

Nemmeno il darwinismo spiega il sorgere e lo sviluppo di organi nuovi. Secondo questa concezione gli organi nuovi sorgono in questo modo: inizial mente, per qualche caso favorevole, cominciano a unirsi alcune sue parti, poi nel susseguirsi delle generazioni si aggiungono altre parti, finché si ha l’organo completo; il vantaggio che gli individui ricavano da questi successivi miglioramenti accidentali è il moti­ vo della loro superiorità nella lotta per l’esistenza. Ma è facile vedere che gli organi sono utili solo quando sono completi; quale utilità può avere, per esempio, un principio d’ala? La « selezione naturale » può quindi spiegare, tutt’al più, l’irrobustimento di un organo preesistente, ma non la comparsa di un organo affatto nuovo.

Si aggiunga che il darwinismo presuppone e deve presupporre che i miglioramenti, una volta raggiunti, vengono poi trasmessi ereditariamente L’ereditarietà, però, comporta un processo regolare, mentre il caso è appunto un evento irregolare. Il caso, anche nella situazione più favorevole, può quindi spiegare qualcosa solo se posto in relazione a una legge vitale essenziale come quella dell’ereditarietà.

4. Le leggi naturali, e specialmente le leggi bio­logiche, sono quindi in ogni caso necessarie per una spiegazione. Ma con l’ammissione di leggi naturali non si è già indicato l’ultima spiegazione di questi fatti? Perché è necessario anche un creatore trascendente?

Per « leggi naturali » intendiamo forze naturali necessariamente operanti. Ma queste leggi si rivelano, almeno finché si tratta di leggi biologiche, da una parte come qualcosa che ha avuto inizio nel tempo — perché la vita non e sempre esistita — dall’altra come forze dirette unicamente a un determinato risultato, per esempio alla riproduzione della vita del­ la specie.

Se le leggi biologiche hanno avuto un inizio, de­ vono aver avuto una causa . Questa causa deve spie gare insieme la loro caratteristica e la loro direzione verso un evento determinato e sempre rinnovato. Che cosa infatti significa: una forza è diretta da sempre a un determinato risultato finale? Significa che il risultato finale determina fin dall’inizio i processi che portano alla sua realizzazione. Ma come può il futuro, che ancora non esiste, realmente determinare gli eventi precedenti? Egli non può operare. Può influire sugli eventi solo se è già anticipato come idea in uno spirito, cioè: esso esercita un influsso sugli eventi che lo precedono come causa finale.

5. Ma così non si attribuisce forse una intelli­ genza a tutti gli esseri viventi? Ciò seguirebbe solo se questa intelligenza dovesse necessariamente trovar­ si nell’essere stesso che attua il fine. Che così non sia lo dimostra qualunque macchina costruita dall’uomo. La mente ordinatrice può dunque cercarsi benissimo in un autore della vita diverso dall’essere vivente e dalle sue leggi. Esso deve naturalmente essere diverso da un tecnico umano in quanto non solo mette in moto verso uno scopo forze già presenti, ma confe risce egli stesso all’essere vivente, come sua intima legge, una forza orientata al fine.

Che uno spirito ordinatore vada necessariamente cercato al di fuori dell’essere vivente risulta anche dalle seguenti osservazioni: qualunque pensiero ordi­ natore di un essere vivente corporeo dipende in certo qual modo da organi particolarmente raffinati del sistema nervoso centrale. Senza tale organo non è possibile il pensiero umano, perché è legato alla corporeità. D’altra parte tali organi sono a loro volta così altamente complessi che, allo stesso modo di ogni altro organo, non potrebbero esistere senza uno spirito ordinatore. Ne deriva quindi che questo spirito non può essere a sua volta legato al corpo, ma dev’essere sciolto da esso, dev’essere un « puro » spirito. Un’« anima del mondo », legata al corpo del mondo come la nostra anima è legata al nostro corpo, non basta quindi a risolvere la questione.

6. Dobbiamo quindi ammettere che l’ordine del mondo ha un autore spirituale e trascendente. E’ « Dio »? Lo è, se è increato. Infatti, quello che tutti chiamano Dio e che i suoi negatori respingono appassionatamente, è un essere spirituale trascendente e increato. Tuttavia se anche l’autore spirituale della vita organica fosse esso stesso un essere creato — una possibilità che qui non vogliamo escludere — egli presupporrebbe a sua volta, come suo creatore, un essere increato di non certo minor perfezione onto­ logica, e quindi pur sempre un essere increato trascendente spirituale; cioè, quell’essere che tutti chiamano « Dio ».

Soluzione delle obiezioni. Accenniamo brevemen­ te ad alcune obiezioni. Quando Hartmann afferma che un dato ordine nato dal caso, una volta sorto, può conservarsi appunto per il suo finalismo, si può concedere, ma solo nel caso di entità ordinate, che una volta sorte, devono unicamente continuare ad esistere come sono. Ma gli esseri viventi non sono esseri di questo tipo. Al contrario devono adattarsi di continuo alle mutevoli condizioni di vita e in ciascuno di questi mutamenti sono incomparabilmente più numerose le possibilità negative che quelle positive di comportarsi finalisticamente.

Il materialismo dialettico spiega l’evoluzione con i « salti dialettici ». Ma questi « salti », queste im­ provvise comparse di qualcosa di superiore è proprio quel che si deve spiegare. E se forze puramente materiali ciecamente operanti, come abbiamo visto, non sono sufficienti a spiegare l’origine della vita e dei suoi ordini, non lo possono nemmeno quando si indeboliscono a vicenda nella lotta reciproca.

Altre obiezioni derivano dal fatto che in natura vi sono svariati mali. Ma si dimentica di dire che questi mali non hanno influenza alcuna per la connessione del tutto .

Se la prova teleologica, come l’abbiamo posta noi, non dimostra ancora Dio come il creatore infinitamente perfetto dell’universo, è tuttavia di somma importanza, perché attribuendo al mondo una causa tra­scendente e spirituale, elimina ogni concezione materialistica. La materia sola, anche se fosse eterna e increata, non è sufficiente a spiegare l’ordine del mondo. Lo spirito non può essere un semplice prodotto dell’evoluzione della materia, ma è, in quanto spiri­ to divino, ordinatore e animatore, causa del mondo. La Bibbia lo ha espresso con un’immagine suggestiva: « Lo spirito di Dio si librava sulle acque ».

Riepilogo. L’ordine finalistico che troviamo negli esseri viventi non può aver la sua causa in una delle congerie di mutazioni accidentali. Il caso non può spiegare la loro continua attività finalistica. Le leggi biologiche non costituiscono la spiegazione ultima. Poiché hanno avuto un inizio, richiedono una causa, e poiché sono destinate da sempre a un effetto ancor da venire, è necessario porre una causa razionale ordinatrice. Perciò si deve ammettere un autore trascendente puramente spirituale, giacché gli organi corporei, dai quali dipende il pensiero di una mente incarnata, hanno a loro volta bisogno di essere spiegati.

Desideri approfondire questi argomenti? CLICCA QUI