Satana nella vita dei Santi – San Francesco d’Assisi

Giustamente fu detto dai suoi contemporanei e biografi tutti : « Alter Christus » : il Cristo del Medioevo, il Cristo Italico, perché fu una copia perfetta del Modello divino, Cristo Gesù, il quale pose su questo capolavoro della sua grazia « l’ultimo sigillo », come cantò Dante Alighieri. Il più alto riconoscimento del sommo Artista e Maestro concesso ad una creatura: le SS. Stimmate.

A tanta vertiginosa altezza e santità immensa S. Francesco vi giunse attraverso lotte e battaglie strepitose a cui lo sottopose il « Tormentator dei buoni ». Ma la grazia divina trionfò sempre.

Dice un suo biografo, lo Joergensen, che, agli inizi della sua vocazione, quando stava per dare un addio definitivo al mondo… una voce, sempre più chiara, gli mormorava all’orecchio :

« Tu, dunque, vuoi rinunziare a tutto, abbandonare tutte queste bellezze? (quelle del creato che si apriva al suo sguardo incantato). Tu vuoi lasciare la luna ed il sole, la vita e la gioia, gli allegri festini e le gaie canzoni, per andarti a rinchiudere in un’oscura caverna e sciupare il fiore della tua giovinezza in preghiere inutili, e divenire, finalmente, un vecchio pazzo, che miseramente si trascina di chiesa in chiesa, e forse sospira e dispera, in seguito, della sua vita perduta? ».

Così il demonio ingannatore sussurrava all’anima del giovane assisiate, figlio del ricco Pietro Bernardone. E vi erano dei momenti in cui la giovinezza di Francesco, il suo carattere tutto luce e festa, e le aspirazioni cavalieresche dell’anima grande di lui esitavano, cavillavano sotto le suggestioni e tentazioni diaboliche. Ma, entrato appena nella sua grotta, ove andava cercando il più grande e più prezioso dei tesori del mondo (Dio!), subito si padroneggiava. E più il combattimento era aspro, più profonde, più soavi e gustose erano, poi, la pace e la consolazione sua nel parlare e conversare con il suo Dio.

A S. Maria degli Angeli, o Porziuncola, presso Assisi, è tut­ tora visibile il roseto, nel quale un giorno Francesco si gettò e vi si ravvoltolò fra le spine di esso per superare una tentazione carnale. Prodigo singolare! Da quel giorno vi fiorirono sempre rose senza spine, con le foglie macchiate di gocce di sangue.

Fu nel romitaggio di Sarteano che venne assalito da ossessioni così violente e forti da spingerlo quasi alla disperazione. Una voce intcriore gli diceva insistentemente : « Non v’è peccatore al mondo, o Francesco, a cui Dio non perdoni, ad eccezione di un tormentatore di se stesso, quale sei tu! ». Queste tentazioni l’incitavano a rinunziare al celibato e sposarsi.

Per resistere a tali desideri, ricorse prima all’antico espediente, usato già dagli anacoreti, e cioè : ogni giorno, con la corda, che gli serviva di cintura, si disciplinava aspramente, affligendo il proprio corpo. Ma, siccome Frate Asino, come chiamava l’io corporale, che portava con sé, non voleva starsene quieto e tranquillo, ideò contro se stesso un’altra mortificazione.

Mezzo nudo com’era, si slanciava sulla neve, che copriva di una spessissima coltre il terreno, davanti alla sua capanna, e si metteva a fare sette fantocci di neve. Poi, compiuto questo lavoro, diceva a se stesso : « Guarda, è tua moglie, Francesco, quella grande laggiù, i quattro che tu vedi accanto ad essa, sono due tuoi figli e due tue figlie; i due ultimi sono il tuo servitore e la tua serva. Guarda, essi muoiono tutti dal freddo, sbrigati a trovare qualche cosa per vestirli! Ebbene, mio povero Francesco, se non puoi farlo, rallegrati di dover servire soltanto il tuo Dio ».

Per evidenti motivi di brevità riteniamo sufficiente quanto qui riferito, perché il lettore possa sempre più persuadersi dell’azione del demonio contro le povere creature di questo mondo, quando vediamo che neppure i santi sono rimasti esenti dalla sua opera nefasta. Si può, anzi, affermare che il demonio perseguita più i giusti che i peccatori. Scrive, infatti, il Crisostomo: « Debbono temere l’incontro dei pirati non già le navi vuote, ma quelle cariche di oro, di argento e di gemme. Parimenti, non tanto il peccatore, quanto il giusto, ricco di virtù e di meriti, ha motivo di aspettarsi più frequente, più cruda la persecuzione del demonio ». (Hom. IV in Is.).

Che dire, dunque, di S. Francesco, « la cui mirabil vita, meglio in gloria di ciel si canterebbe »

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